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Le carceri di Domodossola ebbero tra l’altro come detenuti, dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, anche alcune persone ebree che erano giunte in Ossola nel tentativo di varcare la frontiera e trovare riparo e salvezza nella vicina Confederazione elvetica, in quanto ricercati dalle milizie della Repubblica Sociale Italiana e dalle forze di occupazione naziste che in nome delle loro folli ideologie razziste avevano scatenato una caccia agli israeliti, al fine di eliminarli nei campi di sterminio e nei diversi eccidi che si consumavano anche in Italia.
La famiglia Hasson
Il 28 dicembre 1943 alcuni militi della Confinaria fascista saliti a bordo di un treno della Vigezzina, poco oltre la stazione ferroviaria di Malesco arrestarono Abner Hasson, la moglie Ester Ass con i loro figli Editta, Gilberto ed il piccolo Giovanni Pietro, la cui colpa era solo di essere di origine ebraica e cercare la salvezza in Svizzera per sfuggire alle persecuzioni razziali.
Dopo essere stati detenuti nelle carceri di Domodossola, vennero trasferiti altrove e successivamente deportati ad Auschwitz dove vennero uccisi.
Di tutta la famiglia sopravvisse solo Gilberto il quale venne liberato dal lager nel 1945 facendo rientro a Milano, dove alcuni familiari sopravvissuti alle persecuzioni lo inviarono negli Stati Uniti, ma memore degli orrori visti e subiti la nave non riuscì a portarlo a destinazione, perché lo inghiottì l’Oceano Atlantico nelle cui acque trovò forse quella pace che gli era mancata sulla terra.
La famiglia Ravenna
I coniugi Gino Ravenna e Letizia Rossi con i figli Franca e Marcello, insieme alla cognata Milena Rossi ed alle nipoti Novella e Amelia Melli erano fuggiti da Ferrara dove abitavano, cercando rifugio prima a Bergamo e poi in Ossola.
Qui vennero affidati a dei contrabbandieri per il passaggio in Svizzera, un espatrio effettivamente avvenuto ma con immediato respingimento in Italia da parte delle autorità elvetiche, in un periodo in cui la Confederazione non accoglieva i perseguitati per ragioni razziali perché si diceva che “la barca è piena”, espressione tristemente nota usata dell’allora ministro di giustizia Eduard von Steiger.
I sette vennero fermati in un albergo a Trasquera o a Masera la sera dell’11 dicembre 1943, il luogo preciso non è noto e condotti nelle carceri di Domodossola rimanendovi per una settimana fino al 19 dicembre, poi trasferiti a Ferrara e successivamente inviati ad Auschwitz dove vennero tutti uccisi.